Nasciamo per essere felici. Durante il percorso, complichiamo però così tanto la nostra vita, che ad un certo punto ci mettiamo alla disperata ricerca della tanto desiderata Felicità. Molto si è scritto a proposito. Le grandi menti hanno condiviso con le future generazioni le loro esperienze e i loro insegnamenti. Questo che condivido con voi è il prezioso contributo che ha dato Émilie du Châtelet (1706-1749), attraverso le pagine del suo Discorso sulla felicità, considerato tra i saggi più interessanti ed autentici scritti nel XVIII secolo che meritano di essere letti ancora oggi.
La marchesa du Châtelet considerata uno dei più grandi ingegni femminili del XVIII secolo, studia con dedizione matematica e fisica, in un tempo in cui le donne non avevano facile accesso al mondo scientifico. Le sue origine aristocratiche gli permettono, oltre che ad istruirsi sia nel campo scientifico che in quello umanistico (studiando lingue e filosofia), di frequentare ambienti e di entrare in contatto con i più importanti intellettuali francesi del suo tempo. All’età di trent’anni, proprio in questi circoli di illustri studiosi, fa l’incontro con l’uomo che segnerà profondamente la sua vita e il suo animo “tenero, sensibile, vivo e tenace che non sa né dissimulare né moderare le proprie passioni”, come lo definisce lei stessa. Così, nel 1936 lascia Parigi, il marito, i tre figli e gli amanti, per andare a vivere con colui che per i prossimi dieci anni avrebbe rappresentato per lei l’Amore, nientemeno che il grande filosofo, Voltaire. Ed è questo straordinario legame, o per meglio dire la sua dolorosa fine che ha spinto Mme du Châtelet a cercare di fare un bilancio del suo intenso vissuto, convinta di avere raggiunto, all’età di quasi quarant’anni, la maturità che gli avrebbe regalato la serenità d’animo e di conseguenza la felicità.
Secondo gli studiosi, il manoscritto ritrovato e pubblicato soltanto trent’anni dopo la morte della sua autrice, non fu scritto con l’intento di essere reso pubblico. Anche se leggendolo fa pensare che nel cuor suo la marchesa sperasse che le sue parole e i suoi saggi consigli raggiungessero più persone possibili. Come dicevo, è stata la passione più potente che conosciamo nella vita, “quella che mette la nostra felicità interamente alla dipendenza degli altri e forse la sola che possa farci desiderare di vivere e ci induce a ringraziare l’autore della natura, chiunque egli sia, per averci donato la vita”, ovvero l’Amore, che ha spinto Mme du Châtelet a mettersi a nudo, come donna e ad affidarci le sue più intime riflessioni sulla vita.
Émilie du Châtelet, è stata una donna straordinaria, che ha avuto il coraggio di essere se stessa, con i pro e i contro del suo carattere acceso, passionale, travolgente, e di una mente brillante in grado di vedere e sentire cose concesse ai pochi.
E’ rimasta legata fino alla fine ai sui valori e ideali, come andare contro i pregiudizi e scegliere sempre e comunque di vivere appieno le passioni e coltivare le illusioni, che infondo sono la base della nostra felicità. Credeva tanto nella forza della ragione, che a una certa età, dovrebbe guidare la nostra vita, per regalarci a tutti costi la felicità.
Per l’ennesima volta nella vita si è affidata alle illusioni, ignara che il destino aveva in serbo per lei un’altra prova, un’altra devastante passione amorosa, che questa volta le sarà fatale. Così all’età di quarantadue anni si trova fra le braccia di Saint-Lambert, un giovane ufficiale di dieci anni più giovane di lei. Lo legherà a lui un doloroso sentimento che sa tanto di un amore adolescenziale e che lo porterà a compiere un’altra follia, quella di rimanere incinta in un età in cui non dovrebbe. Quello che durante tutta la gravidanza è stato un presentimento, purtroppo si verifica poco dopo il parto. Il 10 settembre 1749 Mme du Châtelet, chiude gli occhi per sempre, pochi giorni dopo avere dato alla luce una bambina, che a sua volta non sopravvivrà. Al suo capezzale suo marito, il compagno Voltaire e l’amante Saint-Lambert, gli uomini che aveva tanto amato, ma che non sono riusciti a salvarla.
Cerchiamo di star bene in salute, di non avere pregiudizi, di provare delle passioni e di ricavarne felicità, di sostituire gli ardori con le inclinazioni, di conservare le nostre illusioni, di essere virtuosi e di non pentirci mai, di allontanare le idee tristi e di non permettere mai al nostro cuore di conservare una sola fiammella di piacere per qualcuno il cui piacere è diminuito e che ha smesso di amarci. Dovremo pur lasciarlo, un giorno, questo amore, anche se non saremo già vecchi, e questo giorno sia quello in cui esso cessa di renderci felici. Coltiviamo seriamente l’amore per lo studio, amore che fa dipendere la nostra felicità solo da noi stessi. Preserviamoci dall’ambizione ma sforziamoci di sapere bene quello che vogliamo essere: decidiamo la strada da seguire nella nostra vita, e cerchiamo di cospargerla di fiori.