La figura del traduttore di oggi, dallo sguardo attento di Juan Antonio Vivanco Gefaell – Traduzione ES>IT


Questo articolo è  tratto dalla versione online della rivista  Zibaldone. Estudios Italianos de La Torre del Virre, dalla sezione Il Mestiere di Tradurre pubblicato nel gennaio 2013. Si tratta di un’intervista a uno dei traduttori spagnoli contemporanei più noti della lingua italiana: Juan Antonio Vivanco Gefaell, che con determinata franchezza definisce le tante sfumature del mestiere del traduttore diventando in qualche modo la voce di tutti noi, traduttori.

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Il mestiere di tradurre 1:

JUAN ANTONIO VIVANCO GEFAELL

Figlio del poeta Luis Felipe Vivanco e della scrittrice María Luisa Gefaell, Juan Antonio Vivanco Gefaell da più di tre decenni sta sviluppando un lavoro prestigioso come traduttore. Dalle sue mani sono passati autori italiani così diversi come Roberto Saviano (La bellezza e l’inferno, Debolsillo, 2010), Paolo Maurensing (Canone inverso, Mondadori, 1997), Pier Paolo Pasolini (Scritti corsari, Ed. Del Oriente, 2009) o Paolo Cottino (La città imprevista, Bellaterra, 2005), per citare solo alcuni.

Traduttore minuzioso e preciso non solo di testi narrativi, bensì e merito suo anche la traduzione di testi tecnici che coprono mezza dozzina di specialità umanistiche: dai libri di antropologia come l’interessante Geni, popoli e lingue di Luca Cavalli Sforza (Crítica, 1997), ai testi di etnografia come La terra del rimorso di Ernesto de Martino (Bellaterra, 1999) la traduzione del quale, ci dice, lo apprezzò in modo particolare, fino ad arrivare a manuali densi come La Storia di Spagna di Joseph Pérez (Crítica, 1999) oppure Crisi e inflazione tra l’Antichità e il Medioevo di Georges Depeyrot (Crítica, 1996).

Cercare di coprire il lavoro di Juan Antonio Vivanco significherebbe, senza dubbio, citare i migliori editori del nostro paese e un’ampia gamma di tematiche fino ad abbracciare discipline così diverse come la micologia, l’alpinismo, la storia dell’Arte e, soprattutto, le sue numerose traduzione di studi sull’Islam e il Medio Oriente.

Zibaldone. Studi italiani la ringrazia per esserci prestato a inaugurare questo spazio, Il mestiere di tradurre, rispondendo ad alcune domande sul suo percorso e la sua professione.

Da Juan José Tejero e J. Pérez Andrés

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La recente elezione a novembre del 2012 del traduttore Miguel Sáenz come studioso della lingua viene valutata con grande riconoscimento di una professione spesso non considerata, come è stato accolto tra i professionisti?

JAV: Con entusiasmo, certamente, anche se dubito che sia un riconoscimento della professione. Piuttosto dobbiamo valorizzarla come un riconoscimento al merito professionale di Miguel Sáenz.

Perché in Spagna, dove sono poco i lettori in grado di leggere in altre lingue e scarseggiano le sezioni dedicate alle altre lingue nelle librerie, il traduttore ha ancora oggi un protagonismo così ingiustamente limitato?

JAV: Si combinano e rinforzano interessi meschini imprenditoriali con meschine e false gerarchie intellettuali.

Condivide il ruolo di puro trasmettitore stipendiato al quale spesso il traduttore si vede emarginato (in tante edizioni non viene neanche nominato il suo nome) o crede che si dovrebbe intendere la traduzione nel senso di ricreazione o versificazione, essendo il traduttore come una specie di coautore?  

JAV:  Un puro “trasmettitore stipendiato” sarebbe un postino o un messaggero. Sapere cos’è quello che trasmetti e farlo come se fossi il proprio autore che scrive nella lingua di arrivo, è un po più complicato. In realtà, si tratta di un lavoro di simulazione.

In che modo si affronta il testo originale prima di tradurlo? Lo conosce prima o indaga precedentemente nelle traduzioni già esistenti? Cosa pensa di quelle traduzioni – nel nostro paese non sono pochi gli esempi in cui è stato tradotto non dalla lingua di partenza bensì attraverso una seconda lingua?

JAV: Mi confronto con il testo originale quando mi metto a tradurlo. Se qualche volta ho indagato nelle traduzioni esistenti, l’ho fatto nel corso della traduzione o alla fine.

Per quanto riguarda la seconda domanda, fortunatamente non è solito leggere testi in lingua russa, araba o turca tradotti da altre traduzioni. Solo in casi molto particolari sarebbero giustificati, e  si devono respingere senza riserve quando vengono fatto in questo modo per motivi economici o curricolari.

Nel suo caso quanto c’è di vocazionale? Come arrivò alla traduzione? O meglio in che misura crede che l’ambiente familiare decise la sua professione successiva?  

JAV: Arrivai alla traduzione perché dovevo guadagnarmi da vivere e conoscevo bene una lingua (l’italiano). Il francese lo conoscevo poco, però l’ho imparato traducendo, che non è una cattiva scuola. L’ambiente familiare influenzò, sicuramente. Un traduttore è prima di tutto un lettore attento, e se non è scrittore di professione, almeno deve saper scrivere bene.

Del resto, gran parte delle sue traduzioni sono di autori italiani. Il contatto con la cultura italiana l’ha avuto attraverso l’istruzione o è stato frutto di un interesse personale?

JAV:  Attraverso l’istruzione bilingue dai 6 ai 18 anni nella Scuola Italiana di Madrid.

Risultano inoltre tra le sue traduzioni testi di altre lingue come è il caso di Balthus (Memorie, Debollsillo, 2003), Bernanos (I grandi cimiteri sotto la luna, Lumen, 2004) o Revel (Memorie: il ladro della casa vuota, Gota a Gota, 2007). In quale lingua si trova più a suo agio?

JAV:  Di altre no, del francese, che è diventata la mia principale lingua di lavoro. Non mi trovo più comodo con una o l’altra lingua, la comodità (o scioltezza) è relativa a ogni testo.

Ripercorrendo il suo lavoro, attira l’attenzione la sua capacità di alternare la traduzione di testi narrativi con testi specifici di alpinismo, micologia, antropologia e storia dell’arte che richiedono conoscenze più ampie. Come affronta traduzioni così diverse?

JAV:  Non dovrebbe stupire, trattandosi di un traduttore cottimista che non possiede altra fonte di entrate. E poi nei testi narrativi c’è di tutto, micologia, alpinismo, storia dell’arte… La descrizione minuziosa di una veste d’epoca, o di una professione scomparsa, possono richiedere un lavoro di documentazione tanto profondo come qualsiasi testo specialistico. Di solito esiste più diversità da un testo all’altro che da un genere all’altro.

Dagli autori italiani con cui ha lavorato (Niccolò Ammaniti, Paolo Maurensing, Dacia Maraini o Roberto Saviano) quale le ha creato più difficoltà? Che rapporto ha generalmente con gli autori, nel caso esistesse? Nel suo caso si sono interessati del suo lavoro?

JAV:  Riguarda la prima domando: non risponderò, siccome spesso quello che crea più problemi è colui che scrive peggio. Con gli autori morti la mia relazione è spirituale. Con i vivi, minima: però, ad eccezione di un paio di casi, è stata molto cordiale ed utile, perché ci sono dettagli di un testo che solo l’autore conosce. 

Gli autori generalmente si interessano (ovviamente, è la loro opera) nonostante ci siano gradi di interesse e personalità diverse. La maggior parte sono collaboratori e discreti, poiché riconoscono che la loro competenza non è l’altra lingua, e qualcun altro più audace e indiscreto. Dall’altro lato, bisogna tenere in conto che una traduzione è una riedizione della quale l’autore può approfittarsene per fare dei cambiamenti al testo.

Perché una professione come la sua, così complessa, così mal ripagata e con uno scarso riconoscimento, conta un gran numero di persone che vuole esercitarla? Cosa attrae tanto della traduzione?

JAV:  Forse il fatto che sia così accessibile. Tutti traducono in un modo o nell’altro, anche se non lo facessero professionalmente, e tanti vengono contagiati. Però bisogna anche contare quelli che si ritirano.

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G L O S S A R I O

  • por supuesto → certamente
  • más bien → piuttosto
  • cartero → postino
  • antemano → in anticipo
  • previamente → precedentemente
  • enfrentar → mettersi a confronto
  • sino a través de → bensì attraverso a
  • transcurso → corso, (es. nel corso di un lavoro)
  • ya no es habitual → non è comune
  • rechazar → respingere
  • oficio → professione
  • *Loc. ganarse los garbanzos → guadagnarsi da vivere
  • antes que nada → prima di tutto
  • por lo demás →  per il resto, d’altronde
  • soltura → scioltezza
  • simultanear → conciliare; alternare
  • destajista → cottimista; lavorare con un contratto a cottimo (Tipo di contratto di lavoro per il quale il salario è commisurato alla quantità di lavoro eseguito, secondo tariffe prestabilite, Es. come il lavoro di un professionista Freelance).
  • anímica → relazione spirituale
  • entremetido → indiscreto

*Fonte articolo originale: Dialnet-IlMestiereDiTradurre-4500471

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