DOSTOEVSKIJ: Incontrarti tra duecento anni

Opera a cura di Valentina Fortichiari

Caro Fëdor,

con immenso piacere e grande affetto ti dedico questa lettera, in tempi come i nostri in cui non si usa più farlo. Ma se in qualche modo ci sentiamo legati a te è solo grazie alla scrittura e alla sua forza di resistere e sopravvivere a tutto, persino al tempo che passa.

È stato il 2021, a duecento anni dalla tua nascita, ad avvicinarmi a te e a farmi riscoprire lo splendore e la forza della tua opera. A quanta ricchezza sono andata incontro! Negli anni avevo sentito tanto parlare di te, a scuola, in famiglia, tra la gente, avevo letto persino qualcosa, ma ero così lontana dall’essenza della tua opera e dalla grandezza del tuo genio. Perché sapere dell’esistenza di qualcosa o di qualcuno, non significa conoscerlo. La conoscenza è un viaggio, un percorso che richiede tempo e dedizione. Noi tutti sappiamo di esistere, di essere vivi, ma pochi possono dire di conoscersi davvero.

Mi fa strano e allo stesso tempo commuovere quando mi viene in mente un ricordo di tanto tempo fa, che mi ricongiunge a te.  Avevo tredici anni e spinta dalla mia nascente passione per la letteratura, con il consiglio di nessuno, sai qual è stato il primo libro che acquistai?! “L’idiota”.

Come dicevo però, il mio vero incontro con te è avvenuto di recente, in età adulta, quando ero pronta a percorrere tra le tue pagine i più profondi sentieri della vita, lasciandomi semplicemente guidare. Adesso l’unico desiderio che ho è di avere il tempo che mi serve per leggerti e fare tesoro dei tuoi insegnamenti. Perché la tua opera va assaporata lentamente, come un buon vino. E proprio come il vino, “invecchiando” non solo migliora, ma punta dritto all’eternità.

Sei riuscito con il tuo immenso amore per l’umanità e con la tua straordinaria abilità di muoverti nel sottosuolo delle nostre coscienze, a catturare e unire in uno spirito di fratellanza, non solo il tuo popolo, la tua amata Russia, ma il mondo intero, che continua a leggerti estasiato. Non a caso ti hanno battezzato come “il conoscitore di ogni cosa umana”.

Hai regalato a quell’arte ‘effimera’, spesso sottovalutata, e persino ignorata, ma così necessaria agli uomini, qual è la letteratura, monumenti colossali di rara bellezza. E quando penso in quali condizioni lo hai fatto, il cuore mi si riempie di ammirazione e gli occhi di lacrime. Tutti gli uomini bisogna che ti leggano, in particolare i giovani, che oggi mancano così tanto di veri maestri e figure d’ispirazione. Hai saputo lasciare un segno, cambiare il mondo e dare un senso più che profondo alla tua vita, in una stanza buia e fredda, inchinato sulla tua scrivania sotto la luce di una candela, mentre la tua penna ricamava instancabilmente infinite pagine di Letteratura. “Amare e credere in quello che sì fa”, è stato da sempre il tuo moto, e soprattutto non permettere a nessuno di dire che “ciò che fai non è utile per nessuno”. Perché solo finché l’uomo andrà alla ricerca dell’arte, della cultura e della bellezza esisterà ancora qualche speranza per la sua salvezza.

Come per ogni grande artista non si può scindere l’uomo dallo scrittore. Ho sentito dire che ogni scrittore può raccontare un’unica storia, in mille modi, ma una soltanto, la sua. E la storia della tua vita è una di quelle che vanno raccontate e mai dimenticate. Il destino ti ha messo alla prova, come ha fatto con pochi uomini. Dalla condanna capitale nel fiore dei tuoi anni, tramutata all’ultimo in lavori forzati in Siberia. Dagli attacchi di epilessia, che ti lasciavano stordito, pieno di ferite e spossato per giorni, alla tua dipendenza da gioco d’azzardo che ti accompagnò per tutta la vita. Ai tuoi continui esili alle porte di un Europa fredda e ostile, dove spesso ti sentivi come un’ombra.

Ecco, una vita come la tua si può definire con una sola frase, che non poteva essere formulata meglio di quanto ha fatto un altro grande scrittore, Stefan Sweig:

“Considerata dal punto di vista artistico la vita di Dostoevskij è una tragedia, considerata dal lato morale è una vittoria senza pari perché è un trionfo dell’uomo sul suo destino, una trasformazione dell’esistenza esterna per mezzo della magia interna”.

La tua vita offre tuttora innumerevoli metafore per ognuno di noi che affronta i suoi piccoli/grandi drammi quotidiani. Se tu ce l’hai fatto, possiamo farcela anche noi, anzi dobbiamo farcela. Perché come ci insegni, la vita deve trionfare sempre, sopra tutto e tutti.

La tua forza aveva radici profonde, che trovavano nutrimento nella tua fede e nella tua singolare spiritualità. Ecco perché ogni volta che la vita ti gettava negli abissi più profondi, la tua anima si innalzava verso l’infinito, alla ricerca di Dio. Quel Dio che ti ha tanto ‘affaticato’, ma che non hai mai smesso di amare e rincorrere, nella vita come nella tua opera. E anche su questo ci dai tanto da riflettere, offrendoci il tuo sguardo nuovo e fresco, che ha come l’unica meta, l’incontro con la verità.

Le persone che ti hanno ferito e segnato irrimediabilmente sono morte e sepolte da tempo. Mentre tu, tu sei più vivo che mai! E non oso immaginare quanta vita lunga avrai nei secoli a venire…

Scriverti questa lettera è stato un privilegio troppo grande. Ma ho preso coraggio pensando al tuo consiglio: “Siate sinceri e semplici, questo è l’essenziale”. Consiglio che porterò sempre con me ogni volta che mi troverò davanti a un foglio con la penna in mano.

Grazie infinitamente MAESTRO!

Adela